IL RUOLO DELLA GUARDIA DI FINANZA NELLA GRANDE GUERRA
1. Premessa. 2. La mobilitazione. 3. Il primo anno di guerra. 4. La guerra di posizione. 5. I Battaglioni del Corpo nella battaglia del solstizio. 6. La Guerra in Albania, sulle coste italiane e sul lago di Garda. 7. La battaglia di Vittorio
Veneto e la fine della guerra. 8. Conclusioni.
1. Premessa.
Il maggio 1915 era un momento poco felice per gli Stati dell’Intesa, che si ritrovavano sulla difensiva su tutti i fronti.La situazione strategica del nostro Esercito,che pur sovrastava per consistenza quellonemico, non era felice in quanto le quattro Arma te che lo componevano dovevano affrontare la battaglia su un fronte di circa 690 chilometri, difficile per asperità naturale e pericoloso perla sua conformazione a doppio semicerchio,conformazione che poteva favorire la
penetrazione avversaria su uno dei due salienti, come puntualmente avverrà nel maggio 1916e nell’ottobre 1917.La Guardia di finanza partecipò al conflitto con un contingente piccolo rispetto all’immaneassa dei combattenti italiani, ma rilevante se paragonato al suo organico.Si trattava di un contingente di 12.000 finanzieri (il 40% dell’organico del Corpo) inquadrato in18 battaglioni (ridotti nel 1916 rispettivamente a9 e 2 e 9.000 uomini) impegnati sui vari settori
del fronte italiano ed in Albania.I rimanenti furono impiegati nell’interno del territorio, in Tripolitania e nel Dodecanneso negliordinari compiti di servizio e nella difesa costiera.Anche nella ingente massa delle Forze Armate italiane questo
relativamente piccolo gruppo,idealmente raccolto attorno allasua giovane bandiera (consegnataal Corpo dal Re il 2 giugno1914) si fece onore e diede un contributo non secondario alla vittoria.
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2. La mobilitazione.
Nel luglio del 1912 il Comando del Corpo di Stato Maggiore dell’Esercito dispose che la Guardia di finanza, in caso di guerra, mobilitasse “distaccamenti speciali” costituiti dafinanzieri dei reparti di confine da porre a disposizione dei reparti dell’Esercito in 1ª linea,con compiti informativi e di esplorazione, ed unità destinate a partecipare alle operazioni di guerra con organico, armamento ed equipaggiamento identico a quelli dei reparti alpini.Questi reparti dovevano essere formati esclusivamente da personale inservizio al momentodell’emergenza.
Una seconda aliquota sarebbe stata destinata alladifesa costiera, formando reparti simili aquelli della “milizia mobile”, ricorrendo eventualmente anche a richiamati in servizio.Un’ultima aliquota, integrata da richiamati, doveva assicurare l’esecuzione del servizio ’istituto nell’interno del Paese e sulle frontiere non coinvolte nelle operazioni belliche, conparticolare riguardo al controllo dell’economia di guerra ed alla sicurezza interna.In aderenza a queste direttive, lo Stato Maggiore dispose laformazione, nell’atto dell’emergenza, di un numero non definito di “distaccamenti speciali”, da costituire con ilpersonale delle brigate di frontiera, quattro battaglioni di frontiera e quattordici battaglioni costieri, oltre a quattro compagnie autonome, nelcaso che la guerra fosse stata condottacontro l’Austria.Alla difesa costiera avrebbero dovuto partecipare anche le unità navali del Corpo, alledipendenze della Marina Militare.
Nel novembre 1914 lo Stato Maggiore chiese alComando Generale della Guardia di finanza se i quattordici battaglioni destinati alla difesa costiera potessero essere impiegati nell’Esercitodi campagna.
Il Comando Generale, imprudentemente, diede risposta affermativa, non valutando tutte ledifficoltà che sarebbero derivate dall’esigenza di approntare ed addestrare in brevissimo tempo una così notevole aliquota di personale.
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Da gennaio 1915 iniziò, come per le altre Forze Armate, la mobilitazione occulta(non si volevano destare sospetti nell’Austria-Ungheria, ancora formalmente alleata dell’Italia nella “triplice”) richiamando due classi di riservisti.
Fu iniziata la formazione deibattaglioni e delle compagnieautonome: 3 battaglioni e 2 compagnie autonome al centro di mobilitazione di Bologna; i centri di mobilitazione di Roma,Maddaloni, Bari e Palermo avrebberoinquadrato 3 battaglioni ciascuno.Tuttavia si procedette a rilento e solo dopo la firma del patto di Londra (27 aprile 1915) leattività di mobilitazione furono intensificate; il 15 ed il 23 maggio i reparti furono fatti affluire verso le zone di radunata.
Non vi era tempo per una sia pur minima attività di addestramento e di amalgama dei battaglioni.Il 22 maggio fu proclamata la mobilitazione generale ed il personale in servizio doganale alle frontiere fu ritirato per costituire i “distaccamenti speciali”.
3. Il primo anno di guerra.
Data la loro natura di guardiani della frontierai finanzieri furono i primi ad operare all’iniziodella guerra.Nelle ultime ore del 23 maggio (le ostilità dovevano iniziare alle ore zero del 24) due finanzieri,Costantino Carta e Pietro Dall’Acqua, sorpresero una pattuglia di guastatori austriaci chetentavano di far saltare il ponte diBrazzano sullo Judrio, il fiume che segnava il nostro confineorientale del 1866, e li ricacciarono con perdite con un ben concentrato fuoco di fucilieria.
Ancor prima, nel pomeriggio del23, la motobarca che portava lacomunicazionedello stato diguerra al distaccamento della foce dell’Aussa fu fatta a segno a spari dalla dogana austriaca,ai quali il comandante dell’imbarcazi
one rispose coraggiosamente.L’episodio di Brazzano assunse da subito un significato simbolico superiore alla sua rilevanza militare e passò alla storia come il “primo colpo di fucile della grande guerra”.
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I “distaccamenti speciali” furono i primi ad entrare in azione, alla testa dei reparti dell’Esercitoche avanzavano nel territorio lasciato libero dall’Esercito asburgico che si stava ritirando sulle posizioni retrostanti robustamente fortificate.
Allenati alla vita di montagna e perfetti conoscitori del terreno i finanzieri parteciparono con gli alpini del battaglione Edolo a numerose azioni di pattuglia ecolpi di mano in territorio nemico,mentre i colleghi della brigatadi Edolo effettuarono ardite puntate fin oltre le linee austriache.In Val Calamento, oltre il confine austriaco, cadde eroica mente il maresciallo Gaetano Pizzighella, comandante della brigata di Enego.Il distaccamento, istituito in
alta Val Cordevole, occupò nei primi giorni di guerra il passo Ombrettola, nel gruppo della Marmolada, ove continuò ad operare per oltre un anno,divenendo un reparto specialistico di alta montagna, al comando dell’Aiutante di Battaglia
Armando Amici, che divenne poi il militare con i maggior numero di decorazioni del Corpo.Piccoli episodi, indubbiamente, ma i cui modesti protagonisti, “vedette insonni del confine”,come ricorda l’epigrafe eretta sul ponte di Brazzano, sia sulle frontiere terrestri, sia sul mare,hanno iniziato di fatto le ostilitàtra l’Italia e l’Impero asburgico.Il battesimo del fuoco toccò ben presto anche ai battaglioni mobilitati. Il primo fu il XVIIcostituito a Roma per operare a protezione delle coste ed impiegato in vece da subito in ValLagarina per partecipare con letruppe comandate dal generale Cantore allapresa di Ala (27maggio 1915)Alla fine di giugno il battaglione passerà in Val Sugana.I battaglioni cosiddetti “alpini”erano il I, il II, il III ed il XVI.Di questi il III partecipò alle operazioni che portarono alla conquista di Biacesa, in Val di Ledronell’ottobre, alla conquista di Monte Sperone nel successi vo gennaio e successivamente partecipò alle sanguinosetappe di quella che si chiamerà la“battaglia per Riva”, durante laquale molti furono gli atti di coraggio e le perdite.
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